NoN rEsTa PiU’ nUlLa In QuEsTo PoStO…

“Voglio stare così” dice. O almeno percepisce che il vuoto non va combattuto. Asseconda ogni suo capriccio ed alla fine ottiene sempre lo stesso identico risultato. “Bisogna essere stronzi” e lo ha scritto 100 volte sulla porta di quel cesso che ormai è il suo cuore. Stronzi veri. Lo pensa sul serio ogni volta che fa un salto indietro verso i suoi 16 anni. Ci siamo bagnati sotto la pioggia, baciati sotto le bombe. Non conta molto adesso. Quello che vuole nn lo si compra dal pachistano sotto casa eppure crede che sia cosi. Così come cadono le foglie inermi. È il risultato di un progetto già scritto. Ma dopo tutto sarebbe già una conquista il fatto di riscoprirsi vivi. Ma mi hanno detto che piove. Mi hanno detto che piove per noi malinconici stronzi. Cessi senza fondo del sogno take away che non riusciamo mai a dire basta. Basta. Basta con le cazzate. Basta con le bugie raccontati a noi stessi in un giorno di merda qualunque. Aspettiamo l’alba. Il tramonto. Un pomeriggio. Tutto cambia in un attimo. Mi hanno detto che piove ed io non ho l’ombrello o  meglio, avevo un ombrello ma tu lo hai bucato, ma io continuavo a pensare che quell’ombrello fosse fondamentale. Mi hanno detto che l’acqua ci inzupperà le scarpe. Si infiltrerà sotto le nostre magliette leggere e renderà la nostra pelle umida. Solo allora, non sarà più un piacere, come non lo è mai stato. Chiamarsi Sofio o un altro nome del cazzo, non ci salverà dal raffreddore. Non mi resta che aspettare ed allora aspetto. Aspetto che il sole mi dimostri per una volta di volermi un po’ di bene. Queste sono le città a cui non puoi dare un nome. Hanno raso al suolo i palazzi. Ammazzato i bambini. Stuprato le vergini e chi è rimasto a guardare si è tolto la vita. Non resta più nulla in questo posto, se non un agglomerato di ferro, cemento e detriti, ma è tutto quello che ho per ricominciare.

BlUe MoNdAy…

Alle due del mattino di una notte gelida, mi chiede spiegazioni. Vorrebbe sapere perchè io sono questo e non quello. Cosa mi toglie il sorriso, cosa vado cercando. Cosa? La guardo con stupore. Mi chiedo perchè alla gente piaccia tanto darti spiegazioni quando non ne hai bisogno. Prendo uno xanax. L’aria si è fatta secca. Asfissiante. Non respiro quasi più. Mi sono innervosito. Tu non c’eri quando sono finito in ospedale. Non c’eri quando ho pensato a ragion veduta che mi si stesse bloccando il cuore, quel pomeriggio di agosto. Tu non c’eri. Cosa vuoi?  Io dovrei essere a Parigi, invece sono tornato, per vedere da vicino come è facile mandare tutto a puttane. Ora sono uno spettatore seduto in prima fila. Questo è un film catastrofico in 3D, ma di quelli opprimenti, dove tutti alla fine affogano e non lasciano nessuna traccia della loro esistenza.  Ma tu, ora, cosa credi di sapere? La ragazza comincia a tartassarmi. La compressa non riesce a bloccare le mani invisibili che ora mi stanno stringendo la carotide. Lei non ti amava più. Fattene una ragione. C’è sempre una ragione da farsi. C’è sempre qualcuno che sa meglio di te come vanno le cose. Questo è il solito dramma di chi  lo becca nel culo. Non fai mai la figura dell’eroe.  Non puoi più parlare con nessuno di come ci si sente senza risposte. Di come ci si sente ad incontrare ogni giorno una persona e resettare undici anni. Fare finta che voi due non siate mai esistiti. Fare finta sino a convincersene. Così inizi nuovamente a dare un nuovo ricordo alle cose. Torni al concerto di quel gruppo perchè questa volta sei da solo. Cerchi di ritornare vergine. Il giorno dopo ti rendi conto che nulla può essere portato indietro. Non siamo dei dvd riscrivibili. Non siamo disegnati con delle matite del cazzo. Siamo disegnati con sangue, ossa, pensieri. Ricordi.  Sono la cosa più difficile da ingoiare. Digerire. Potessi, li cagherei tutti i nostri ricordi Nina. Ma questa ragazza che io accompagno alla stazione, la fidanzata di Psycho, continua imperterrita. Inizio a perdermi. Il girl power. Lo odio. Come se le donne avessero il diritto di essere stronze. Cosa credi? Che davvero la massima aspirazione di ognuno di noi, sia infilare l’uccello in quante più fighe possibili?  Ma alla fine, mi fa pena tutto questo vivere secondo regole già scritte. Preconcetti. Non tutte le donne sono delle cagne idrofobe. Tu lo sei Nina. Ma dopo tutto, io chi sono, se non il ragazzino timido e sfigato, che sei anni fa non aveva il coraggio di dire alla sua migliore amica, che stava fingendo. Che non era un’amicizia quella. Era il teatrino della rassegnazione. Come è potuto accedere che finissimo in questa maniera, squallida, desolante. Cosa è accaduto nella tua testa? Quale malattia rara ed incurabile ti ha liquefatto l’anima sino a farla diventare merda?

Lascio la tipa sotto casa sua. “Sei stato gentile- mi fa- ad accompagnarmi a casa mentre Psycho vomitava l’anima!” Sei stata gentile ad essere così stronza. Non dico nulla. Giro i tacchi e vado via.

Mentre torno all’associazione penso ad una cosa sola.  Dovrei scrivere. Scrivere. Scrivere. Scriverti. Narrarti tutto del mio blue monday. Di quella canzone di Elvis Costello che un tempo mi piaceva tanto. Di come ci si sente senza una pelle sensata. Di come aprile sia diventato identico a maggio. E giugno a luglio. Delle stanze vuote che hanno qualcosa da raccontare. Io ti ho osservato. Mi ricordi davvero l’attimo prima eppure siamo qui. Nudi come vermi che a pensarci bene ci dovremmo fare schifo da soli. Lo penso sul serio, mentre ritorno a casa. Ed hai ragione tu:”Parigi è piu bella alle tre del mattino” svuotata di gente, mentre cambi canzone e rimani ad aspettare.

PaSsIvItA’…

Arianna lavora in banca. È tutto cominciato per caso. Di quelle cose che cominciano per caso e poi ci fai l’abitudine. Io non cercavo Arianna. Arianna non cercava Sofio. Le solitudini si attraggono per caso.  Le illusioni ti ammazzano  e ti svuotano completamente e poi ti lasciano boccheggiante al suolo. Le illusioni durano il tempo di una salita al quinto piano di un palazzo. Una dolce salita in ascensore. Diventerò claustrofobico. Poi i cavi vengono tagliati e tu sei in caduta libera. Arianna ha 27 anni più di me e tutto al suo posto. Per un reciproco scambio di favori di un’ora va più che bene l’involucro in pelle che ricopre i nostri organi interni. Per uno scambio di favori che presuppone un reciproco utilizzo è tutto al suo posto e forse, se non ti stessi ancora pensando, cara Nina, potrei anche innamorarmici sul serio, perchè Arianna è più di tutto questo. Più di una scopata nel suo appartamento. Più di un orgasmo consumato per necessità. Più  di un pompino ben fatto. Arianna è al di fuori dei nostri corpi sudati, della sigaretta che ora si accende mentre mi guarda e sorride. Mi sorride. Non mi dice nulla per un po’ mentre fuma, il lenzuolo che ricopre le sue gambe, lascia scoperti i fianchi larghi ma ben messi. Arianna è una bella donna. Occhi verdi. Pelle liscissima. È un piacere baciarla ovunque. Le nostre tristezze si nascondono qui tra la sue lenzuola, sotto questo soffitto ingiallito dalla nicotina. Io ed Arianna condividiamo le parti sbagliate dello stesso letto. Per questo stiamo così bene nel consumarci, nel sentirci ancora in gioco l’uno per l’altra. Le chiedo una sigaretta. Le chiedo se ci rivedremo il venerdì dopo e lei mi guarda ancora una volta e sorride. E mi dice sempre di si. Sappiamo entrambi dove vogliamo andare a parare. Bevi responsabilmente. Non ci pugnaleremo alle spalle e ci diremo tutto quello che sentiamo il  bisogno di dirci non quello che è necessario ai nostri scopi. Non mi raccontare favole, non c’è bisogno… forse staremmo meglio d’avanti ad una tazza di caffè, ascoltandoci. Il venerdì suo marito non c’è, ed Arianna mi apre la porta con accurata dedizione. Due ore prima che io ricada nell’oblio.

–         Come va ? . mi chiede.

Io faccio un tiro alla sigaretta e sorrido.

–         A te come va? . le chiedo come risposta.

–         Di merda…

Ed è tutto quello che ci diciamo prima che io le dia la buona notte. In fondo abbiamo solo bisogno di questo, di qualcuno che ci chieda come va. Abbiamo bisogno entrambi di una pacca sulla spalla e queste due semplici parole. La solitudine fa fare cose squallide. Noi cerchiamo di salvare il salvabile. Il rispetto che ci appartiene come se fossimo due vecchi amici. Arianna potrebbe essere mia madre ma la cosa non  mi spaventa. In fondo non abbiamo nessuno e stiamo aspettando. Ci facciamo compagnia, questo è quanto. Non ci interessa altro perché l’altro lo abbiamo già trovato e ci ostiniamo a rimanere nonostante ci abbiano sbattuto la porta in faccia.  Questa è l’ostinazione dei perdenti, dei sognatori e degli illusi. Sporchiamo le sua lenzuola solo per dirci questo.

Il giorno in cui ho conosciuto Arianna, a Torino non pioveva. Eri sparita da tre giorni. Ti avevo chiamato in lacrime ma tu non mi hai ascoltato. La sera prima sono andato in un locale con Berto, volevo trovarmi un lasciapassare per il fondo. Non c’era nulla di importante che contasse, come non c’è adesso. Volevo solo spegnere tutto, dopo che mi avevi detto di dimenticarti Nina. Io invece cerco   di dimenticare me stesso, lo sai. Io non spengo fiaccole. Non lascio tutti al buio. Ci sono che ci sia la pioggia o ci sia il sole, io ci sono Nina. Ed è questo che odio del come sono fatto. Ma è una cosa sulla quale ci lavorerò con calma. Alle sei del mattino ero ancora distrutto, ma tu non te ne andavi. Eri lì d’avanti a me e mi ripetevi di dimenticarti. Anzi più ti allontanavo e più eri presente. Quanto sono stronzo. Non era importante allora e purtroppo non lo è neanche adesso essere qualcuno senza averti attorno. Quella sera ero andato in quel locale per rimorchiare, ma la verità è che non mi andava e dopo tutto non ne sono mai stato capace. Ci ho messo due anni per dirti “ti amo”, ricordi?

La mattina seguente mi ero alzato alle 13. Lo stomaco mi diceva che non mi avrebbe aiutato a lungo. Io non bevo, lo sai. Odio perdere il controllo. Non avevo lezione e sentivo il cuore bruciarmi. Sara si era alzata da un pezzo ed odiava vedermi con quella faccia lì, la faccia di uno che si è arreso. Volevo piangere così come avevo fatto negli ultimi giorni, allora ho preso il mio libro preferito e sono andato al parco. Io e la mia voglia di cercarti. Ammazzare se stessi. Fingere. Erano le 14 e tutto taceva, tranne gli uccellini. Ho aperto il libro e mi sono chiesto come mai tu lo odiassi così tanto. Quel libro in 5 anni non ha mai attirato la tua attenzione. Quel libro in cinque anni non ti ha regalato neanche una pagina, un rigo, una parola. Era fine maggio. Ad un certo punto quando la voglia di sentirti era stata ammanettata chissà in quale parte violentata di me stesso, mi sono rollato una sigaretta e per un attimo ho creduto che non fosse successo niente. Poi è arrivato il panico ed ho messo gli occhiali da sole. Mi mancava il respiro. La testa ha cominciato ad esplodermi. Gli uccellini erano nel mio cervello e cinguettavano tutti assieme all’unisono. Ho messo su Franco Battiato, ma solo perché era l’unica cosa sul mio lettore che non parlasse di te, che non avesse i tuoi occhi. Odio Franco Battiato. Volevo spegnermi. Allora lei è comparsa. Arianna mi chiede di accendere e succede quel giorno, come in quelli seguenti, sino a quando non decido di regalarle l’accendino  e lei scoppia in lacrime.  Rimettersi in gioco. Non so perché abbia scelto me. Non so quanti altri avranno acceso le sue sigarette prima di me. Decidiamo di sederci al bar e da lì sono finito nel suo letto.

Il marito di Arianna ha un’altra donna. Hanno la stessa età. 54 anni. Arianna vive con un estraneo. Arianna ama quell’estraneo. Arianna non sa dire di no alla speranza. Questa è la cosa che più uccide. Arianna ed i suoi chili di troppo. I suoi seni grandi ma ancora sodi. I suoi fianchi sensuali. Arianna e la sua passione per la lirica. Il suo lavoro in banca che non le piace. I figli che non è stata  in grado di regalare. Le parole che non può più dire. Nessuno che le chiede come vanno le sue lunghe giornate dietro una scrivania. La cellulite. Le creme che ha smesso di usare. Il trucco che nasconde qualche ruga. Arianna che non sa con chi parlare. Arianna che ha smesso di vivere e si accontenta di essere un pezzo di carne ancora appetibile. Arianna è davvero più di tutto questo. Per un paio d’ore a settimana, fingiamo che tutto possa essere messo a posto un giorno o l’altro anche se sappiamo benissimo che non andrà così. Noi poveri illusi del cazzo. Povere formiche schiacciate dal peso di qualcun altro. Noi che non ci arrendiamo nella nostra testa e subiamo qualsiasi evento perché non ce ne frega un cazzo. Siamo così soli che abbiamo bisogno di rumore ogni tanto. Persino il rumore dell’ambiente che ci circonda sembra averci abbandonato. Ed ogni venerdì pomeriggio è la stessa storia. Cosa stiamo cercando? Affoghiamo nello stesso identico bicchiere d’acqua.

SpOsArSi In AgOsTo Fa MaLe AlLa SaLuTe…

Nina. Nina che dimentichi a casa le fedi nuziali. Io che dimentico come è possibile essere felici. Non c’è niente da dire. Non c’è niente su cui parlare. Discutere. Non puoi raccontare molto in un posto come questo. In un giorno come questo. Vedi la scena. Tu, riesci ad intuire qualcosa , ma solo perché conosci qualche dettaglio in più rispetto agli altri. Ed allora, cosa puoi raccontare? Tutto parla, parla da solo. Parla per sé. Abbracciatevi dice il dee jay. Stringetevi. Non lasciatevi. Lui fuma. Osserva la scena. In silenzio. George michael. La solita canzone. Ultime riprese di un matrimonio. Dissolvenza in nero. Da qualche parte nella stessa sala, sulla stessa pista, i titoli di testa. Io che penso a mille cose. Domani riprendo in mano un po’ di cose. Ma ora che ti sei laureato, che intenzioni hai? Che intenzioni hai con mia figlia? Che intenzioni hai sul motorino che hai lasciato in garage? Che intenzioni hai sui tuoi capelli? Domani spero di non mandarmi a fare in culo. Domani spero di essere orgoglioso di qualcosa che ora mi sfugge. Sono lontano, ma con lo sguardo presente. Sono lontano, ma questo non vuol dire che non stia osservando. Sono lontano e vaffanculo.Io che mi interrogo da solo. Io che nella mia testa vivo da solo e non voglio cazzi. Io che metto tutto nella dispensa, chiudo e vado via. Ma in questa stanza si gira la fine e l’inizio. In questa stanza piove a dirotto e nello stesso momento c’è un gran sole. Le parole bruciano i silenzi importanti. Lunghi. Necessari. Non bruciano mai i silenzi inutili. Quelli sopravvivono anche alle più alte temperature. Quelli non li si distruggi tanto facilmente e restano che tu lo voglia o meno. Mi devo adeguare a quello che non sono. Stronzo. Viziato. Giovane coglione in un mondo in cui a 25 anni devi essere già adulto. Stai pensando al tuo futuro? Il deejay insiste e vuole risposte. Il deejay non sembra averne le palle piene, a lui piace così. Il deejay deve morire, ma vuole che noi ci abbracciamo. Il deejay non ha capito un cazzo della vita che ogni giorno ci costruiamo per sembrare meno patetici. Il deejay non ha una vita vera. Il deejay sa che tutto questo affannarsi, non serve ad un cazzo di niente. Ci si stringe solo quando si ha freddo. E qualcuno abbraccia suo figlio. Stringe qualcosa. Sta per piangere ma nessuno ci farà caso. Vorrebbe abbracciare qualcun altro. Ho visto una donna di 39 anni litigare con una bambina di nove perchè la bambina le ha rubato il bouquet. Che culo! La donna di 39 anni non si sposerà mai. Siamo tutti così contenti. Disturbati psicopatici dalle vite complicate. Sappiamo suonare canzoni migliori di queste. Sto invecchiando. Ma queste sono scene da un matrimonio. Scene di un matrimonio. Scene di un matrimonio su cui aleggia lo spirito della disperazione. Scene di un matrimonio qualunque. Hai messo la testa a posto? Ti sei sistemato? Da quando mio figlio va all’università, non tifo più per il milan! Complimenti vivissimi per le trasmissioni notturne. Ho un forte mal di denti. Io non l’ho votato. Io non l’ho scelta sta cosa qua. Mi devo adeguare. Io sono speciale. Tu sei speciale. Egli è speciale. Noi siamo speciali. Voi siete speciali. Loro sono speciali. Siamo tutti delle enormi teste di cazzo. Non è facile la coscienza dell’autocritica. Semanticamente si potrebbe dire che Deleuze in questo passo… non è facile. E tu continui ad essere attivo. Osservare. Stare sull’attenti. Chi ha trasformato la vita in un continuo preservarsi dal prenderlo nel culo? Tutti la prendiamo nel culo, ma è una questione di preferenze. C’è a chi piace. Rassegnazione. Rassegnazione e disperato spirito di conservazione. Abbiamo tanto da imparare da un cane. Trovare tempo. Trovare tempo per tutto. Trovare tempo per cercarti. Trovare tempo per essere se stessi. Abbiamo tanto da imparare e basta. Distruggiamo tutto prima o poi. Per l’auto nuova. Per un posto in banca. Per un posto in barca. Per un posto. Per la segretaria che tra dieci anni si lamenterà del tuo cazzo moscio. Per i pettorali che non hai mai avuto e che non avrai mai. Per una vita patinata al silicone trasparente. Vogliamo un mondo di plastica. Non può continuare a pensare di poter fare tutto. Puoi continuare a pensare di non poter fare niente. A noi va meglio così. Questo è il bello ed il brutto tempo del medioevo sentimentale. Stai zitto. Potrebbero ascoltarti. Non è cambiato niente. Si scivola come una volta. Si scivola come sempre. E lui osserva. Poi prende il cellulare e manda messaggi a qualcuno. Sorride. Questo matrimonio non sa da farsi… Rido sotto i baffi. Ecco perché non mi sono fatto la barba. Sono sempre pronto a queste evenienze. Non hai un lavoro. Non hai un reddito. Non hai una faccia pulita. Non vai in chiesa. Non pensi che Gesù ti ami davvero. E’ chiaro che non vuoi essere così lascivo. E’ chiaro che nulla si distrugge ma tutto si trasforma. Non esiste una vera autodistruzione. Distruggiamo sempre quello che non vogliamo vedere invecchiare. E’ una metamorfosi dopo tutto. Così qualcosa nasce e qualcosa si trasforma nello stesso posto, nello stesso momento. Ed io ti do ogni colpa. Per l’auto nuova. Per un posto in banca. Per un posto in barca. Per un posto. Per la segretaria che tra dieci anni si lamenterà del tuo cazzo moscio. Per i pettorali che non hai mai avuto e che non avrai mai. Per una vita patinata al silicone trasparente. Per un merdoso mondo di plastica che tutti ti invidieranno. Quanto è bello… sembra più giovane… ed il mio progetto è molto meno ambizioso del tuo. Il mio progetto è inarrivabile. Il mio progetto è una possibilità di fuga. Una via d’uscita. Ci complichiamo la vita. A settembre esce l’iphone 5! Sto cercando di vendere il 4! Forse ci si sposa per bisogno di conferme. Se c’è bisogno di conferme, allora meglio non sposarsi. Si cagano figli per bisogno di conferme. Se c’è bisogno di conferme, allora meglio non cagare bambini. Cosa cazzo vogliamo. Cosa cazzo vuoi tu adesso che hai tutto quello che andavi cercando? Mia cugina ha lasciato suo marito perché aveva la sclerosi multipla. I miei parenti mi vedono fumare. Sono una merda di essere umano. Fumavano tutti una volta.
Ci hanno insegnato a non avere responsabilità. Prendi tutto. È tutto pagato. Prendi tutto e mangia. Prendi tutto e non fare l’ingrato. La cosa difficile è non prendere. La cosa difficile è non pensarci due volte e non prendere. La cosa difficile, è essere cani almeno per una volta nella nostra luridissima vita. Ed è per questo Amore che non ho un lavoro. Ed è per questo Amore che mi ammazzano ogni giorno. Ed è per questo Amore che hanno bruciato tutti i cassetti. Così non avrò l’auto nuova. Un posto in banca. Un posto in barca. Un posto. Una segretaria che tra dieci anni si lamenterà del mio cazzo moscio. I pettorali che non ho mai avuto e che non avrò mai. Una vita patinata al silicone trasparente. Lo fanno per noi. Solo per noi e noi ne dovremmo essere grati. Vaffanculo.

L’uOmO cAmMiNaVa….

L’uomo camminava in maniera alquanto strana, sembrava seguire una linea, ma la linea non era poi così dritta. Ma l’uomo sussultava ad ogni passo come se quel passo fosse stato decisivo e la pioggia scendeva. Bagnava ogni cosa. Ma l’uomo non si fermava. Quante cose ci rendono simili. Se avesse avuto più tempo, avrebbe osservato ogni piccolo riflesso di luce invece si sarebbe accontentato di un piccolo ricordo in corsa. Con tutti quei fotogrammi ci avrebbe fatto un ricordo e con quel ricordo ci avrebbe fatto un sogno. Ma l’uomo camminava sul serio e le sue scarpe erano consumate ma si compiaceva sul serio perchè la strada percorsa era davvero tanta. Che non si faccia mai in modo che sia troppo tardi. Che non si faccia mai in modo che sia qualcun’altro a decidere sui veri percorsi,  perchè quell’uomo era nato con la bocca cucita ed aveva un unico rimpianto. Non il non potersi nutrire, non il non poter parlare, ma il non essere capace di sorridere  sul serio per le poche cose belle che  quella strada gli offriva. Ma l’uomo camminava verso una meta. Un obiettivo preciso. Un luogo lontano. Solo per poter dire a qualcuno "sono tornato". Solo per potersi risvegliare. Raccogliere frammenti. Incollarli in un vecchio album impolverato. Seppellirli nel giardino. Ricordare. Ricordare sul serio quando era bambino e tutto era diverso. La cioccolata era cioccolata. Le stelle erano stelle . Il latte prima di addormentarsi. Cerco ancora una tetta prima di chiudere gli occhi. Vogliamo bene sul serio adesso senza riuscire  a farci capire. Bastava un’abbraccio una volta. Bastavano due occhietti felici come nel giorno in cui pensi di aver scoperto babbo natale e la neve era "la Neve". E le fiabe erano fiabe. I sogni erano sogni. Ma l’uomo camminava facendo finta di crederci ancora e forse alla fine nel suo grande ritorno qualcuno lo avrà pure applaudito. E forse nel suo grande ritorno qualcuno lo avrà anche ammirato ma non  capirà mai le vere motivazioni per le quali era partito. E per quanta verità egli vi potrà raccontare, non sapremo mai cosa era andato a cercare. Eppure non serve a un cazzo rendersi conto di essere tornati se prima non ci si domanda se si è davvero partiti.

BoN sOiR….

Non ti sembra così lontano.Non ti sembra così vicino. E’ solo un riflesso delle tue paure. Ridi. Per una volta di gusto. Cammino lungo la Senna con fare leggero.Ti sembra l’ultimo appiglio. Svegliami. Domani mattina svegliami. Ora voglio solo chiudere gli occhi e lasciarmi andare. Pete mi chiama. Mi passa una bottiglia di vino e poi risaliamo per il ponte. Qualcuno suona. Qualcuno fotografa il mondo e non si guarda alle spalle. Qualcuno sembra già lontano. Vacilla. Quì sono in oceano di parole, immagini. Madame bonheur,  Je suis triste… Mi tira su per il bavero della giacca. Le sento raccontare su un mare di pensieri. Dove comincia l’alba finisce una notte. Conosco un ragazzo Brasiliano. Pellington. Cambia nome ogni giorno ed è libero. Libero di sentirsi libero. Libero di sentirsi vivo. "Italiano?" . Annuisco. Campione del mondo!!!! e lo grida. Grida forte. Con tutta la voce che ha in corpo. E’ felice senza il suo vero nome. Per un istante sono felice anche io, ma è una sensazione momentanea. Vuota. Leggera. Un po’ mi stupisce. Un po’ mi porta via… con se…. Madame bonheur, bon soir….  Si chiude una porta. Si apre un portone. Se una virgola fosse un punto. Se i ricordi ci potessero accompagnare in ogni piccolo istante. In ogni lacrima. In ogni sorriso. In ogni parola sussurrata. Raccontami una storia. Dolce lenta. Veloce come lo scorrere del sangue. Portami lontano Madame bonheur, Lontano.

CaRa PrOvViDeNzA…..

Perchè si sparisce, momentaneamente, anche quando non si vuole sparire… ovvero perchè la mia vita è un casino… ovvero, perchè mi sto beccando un esaurimento nervoso… ovvero….
Non so cosa ci faccia un punk depresso ogni mattina nel mio specchio. Lo osservo con fare sospetto e cerco il più possibile di rivolgergli domande alle quali non trovo reali risposte. Stamattina ho abbracciato mia madre, non riesco a dirgli un "ti voglio bene!" eppure, le voglio bene, sul serio. E’ che si cresce, si cambia, si affoga, questo è tutto. Vorrei essere diverso. Vorrei essere uno studente diligente. Un figlio affettuoso. Un uomo, non un ragazzino. La mia crescita si è bloccata a sedici anni. Ho deciso. Mi tingerò i capelli di verde. Verde speranza. La speranza che i tuoi genitori, smettano finalmente di rompermi i coglioni… voglio scappare. Voglio scappare con te. Voglio portarti in un posto dove non siamo nessuno. Dove nessuno abbia da ridire nulla. Voglio andare lontano. Con te. Voglio vivere dove nessuno possa afferrare la mia mano. Voglio perdermi. Perdermi. Perdermi ed ancora perdermi. Per riprendermi ancora una volta con una vecchia super 8. Cambio i miei denti da latte. Ne lego uno ad uno spago. Lo attacco al collo, per non dimenticare quello che sono stato. Mio fratello continua a far finta che un automobile appariscente, sia la soluzione ai problemi del mondo. Sto perdendo questo gioco, ma mi restano le ultime carte. Cara provvidenza, non credo alle tue parole ricolme di speranze. Cara provvidenza, non so ancora quali tatuaggi hai progettato  sulla mia pelle nuova. Cara provvidenza… vaffanculo!!!!
P.s: Se  vi interessa, smetto di fumare quando voglio e cioè ogni notte intorno alle 02:00…

MeDiOcRiTà…..

Salve. Ci conosciamo? Se la matematica fosse un opinione, forse riuscirei a stare meglio con me stesso ed a far quadrare i miei bilanci universali. Purtroppo sono un numero, di un numero, fra tanti numeri, che alla fine si sommano a zero. Entro nel merito, ma la questione è sempre la stessa. Sono stanco. L’alternativo provinciale mi riempie il bicchiere di vino  ed io non capisco più un cazzo. Va meglio una serata con gli amici sfigati del circolo del grunge venduto a poco prezzo nei supermercati a basso prezzo della catena discount. Nei labirinti di un paese così piccolo che puoi esserne il re. Ma non mi importa  esserlo. Non voglio. Se fossimo tutti sullo stesso piano, ci potremmo lanciare  insieme. Canto per te che mi vieni a sentire…. Non essere qualcuno quì, per poterlo essere da qualsiasiasi altra parte. Oggi sono arrabbiato. Ma non fatemi sembrare assurdo o strano, perchè ne sarei più che contento… Tutto questo mi fa schifo. Tutto questo mi stanca l’anima. Voglio un mondo libero Voglio essere padrone delle mie scelte consapevoli. Cantate per una piazza gremita di amici e conoscenti, così non rischierete di essere tirati in ballo. Non rischierete che qualcuno mi scavi nel cuore violentandovi. Comprendendo quelle che sono le vostre reali intenzioni. Fuggite prima che sia troppo tardi. Scappate via. Nascondetevi, prima di essere contagiati. Servilismo. Privilegio. Non si muore di mediocrità. Purtroppo.